Finzione ludica, festa, aspirazione umana a rendere tangibile la relazione con la divinità mediante i riti, le danze?
Si, gioco e rappresentazione possono realizzare un progetto di totalità e pienezza umane.
Il Teatro possiede tutto quanto consente di comunicare e partecipare, immaginare e far
esplodere la creatività. Tutto questo ha visto il pubblico il 17 dicembre scorso al Piccolo Teatro di
San Paolo. E dentro l’Opera della Pagano con una fata-sirena bicaudata MELUSINA da cui vantano
la discendenza le maggiori nobili casate d’Europa, d’una Melusina che ritroviamo in quasi tutte le
culture del pianeta e con un Raimondino – principe e marito con il quale fonda un regno
infinito…immaginazione, creatività, fiaba, mito, sogno, musica, danza, canto e un testo letterario
che fa da colonnato solido al tempio narrativo, l’essenza più autentica del teatro si è compiuta.
Come ha riferito la professoressa Maddalena Celano: Melusina e Raimondino è un “Manifesto
visivo”.
Del manifesto i due protagonisti sono Antonella Pagano sociologa e scrittrice e Bruce
Payne mito cinematografico, interprete e grande regista che in scena, riferisce la Pagano: è stato
dirompente, ha portato voce e corpo con una presenza inequivocabile, potente, di chi ha navigato le
grandi produzioni cinematografiche mondiali e di ciascuna ha fatto tesoro dell’essenza più preziosa
che, mescolata alla già preziosa sostanza originaria e all’adamantino raffinatissimo talento, hanno
fatto sobbalzare lo spettatore.
E’ in assoluto solo dei grandi il piglio del Payne; è solo di chi ha
anche coltivato la propria personalità cedendola generosamente in scena, sia al personaggio che
agli spettatori e a beneficio dell’azione teatrale che ha guadagnato sovranità e preziosità, oltre che
a far vibrare le sacre tavole come se anch’esse avessero un cuore. E’ solo dei sublimi interpreti
essere profondamente autentici e in quell’essere senza maschera, essere i tre, anzi quattro esseri
maschili, fino a diventare tutti gli esseri maschili di tutti gli spazi e di tutti i tempi. Così è stato
Bruce Payne lungo tutto il percorso evolutivo dei quattro esseri maschili, dal violento iniziale fino
all’ultimo: essere maschile gentile che ha saputo anche evolvere ulteriormente fino alla poesia.
Quanto alla Pagano, è la sua cifra, ha sparso sapientemente e generosamente la sua polverina
magica, sia attraverso quella particolarissima voce che utilizza al pari d’un violino, riuscendo a
toccare tutte le corde dei cuori, e sia col suo trascendersi ed essere aria pur essendo enormemente
coperta, anzi persa negli strati dei tessuti con cui si veste. Il primo strato, quello che nasconde il suo
corpo, questa volta era tulle e piume nel segno della Melusina dei fondali marini e della Melusina
delle montagne antiche; il secondo strato era l’enorme spolverino tempestato di foglie e fiori per la
Melusina delle gratitudini alla vita per tutto quanto dona e per ogni essere vivente; il terzo strato era
il ciclopico abito in pluriball, la denuncia accorata, la sua arringa accoratissima per la tutela del
pianeta e l’uso sempre più esiguo e corretto della plastica, anzi per l’abbandono del polimero della
plastica a vantaggio di nuovi ritrovati che, fortunatamente, esistono. Uno spettacolo di rara, gentile
e raffinata fattura che ci auguriamo di rivedere. In tempi così conflittuali e problematici quasi per
tutto il pianeta, ritrovarsi a Teatro con l’Opera che celebra la fata-sirena bicaudata Melusina e
ritrovarsi con così tante nazionalità che colloquiano in armonia, è già di per sé d’inestimabile
valore.
Di questa Opera teatrale c’è anche l’incanto del mix di interpreti che la Pagano ha saputo
mettere insieme nella magia che ciascun attore e cantante e musicista ha poi espresso; che ha sparso
per l’aria e sul palcoscenico.
E’ Lei, infatti che ci riferisce degli artisti.
Il Maestro Daniela Brandi,
sempre più in forte consonanza con me, ha saputo arrangiare le mie musiche in maniera tale che
tra musica e parola non v’era stata dissonanza, piuttosto un’armonia delicata per quanto
estremamente significativa. “La piccola canzone d’amore” potrebbe diventare il manifesto dei
tempi violenti che stiamo vivendo, anzi: suonandola costantemente potrebbe saper ricreare un
mood di convivenza civile meravigliosa.
Monica Marziota, italo-cubana plurititolata, è stata
magnifica nella raffinatissima improvvisazione, raffinatissima azione scenica, sorprendente pièce
nella pièce…magistrale nei tempi e nei modi; ha messo i brividi a ciascuna persona sul palco e in
platea. Il suo evocare la Mater è stato pari al grido di dolore dell’intera terra e di tutti i suoi
abitanti. L’abbraccio che ha composto stringendo a sè la Pagano, la Matmuja e la Barra, è stato
pari a scolpire – in un unico blocco- l’abbraccio della Mater e delle figlie. Voce e presenza scenica
d’una freschezza assolutamente irraggiungibili, voce e presenza scenica dal calore vulcanico, voce
e presenza scenica dirompente pur nella tenerissima azione e nelle tenerissime movenze che hanno
fatto scendere le lacrime anche ai più riottosi. Parole-note musicali le sue! Claudia Pompili è stata
la Melusina danzante, e lo ha fatto con grazia assoluta e fluidità che della Melusina aveva
introiettato l’essenza ofidica e la magia ipnotica. E’ stata calamitante nel colmare il palcoscenico
della sua ammaliante e abbagliante bellezza.
Flavja Matmuja ha carezzato cuori e anime con il
prezioso colore della sua voce di velluto. Abilità interpretativa e mimica di grande maestrìa.
Scendendo in platea ha saputo avvicinare la sublimità della musica e del canto lirico al pubblico
perché potesse cogliere, quasi afferrare con le mani, l’essenza della pietra preziosa che è la musica
lirica e la magnificenza del bel canto che in Lei trovano una interprete molto elegante e perfetta
nonostante la giovane età.
Valdrin Gashi, ancora una volta, benchè giovanissimo, ha donato alcune
delle sue più belle performance. La sua eleganza di persona e quella con cui tesse le sue
performances ne fanno un giovane principe del palcoscenico che porterà molto in alto la nostra
lirica.
Jaquelina Barra è apparsa con un cameo gentile e simbolicamente efficace; una canzone
della tradizione della terra Argentina ove i suoi lontani avi emigrarono ben tre generazioni prima
di Lei. L’Ukulele pizzicato e lievemente suonato ha incorniciato sottilmente il suo canto antico e
dolce.
I cinque volti femminili dei cinque affreschi della Pagano si sono sommati ai volti di tutti gli
artisti lasciando che i colori facessero -della scatola teatrale- il magnifico scrigno d’una realtà
fiabesca e insieme d’una fiabesca realtà.