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Recensione: “La vita che volevi” di Ivan Cotroneo

“La vita che volevi” è una serie televisiva italiana creata e diretta da Ivan Cotroneo, con Vittoria Schisano nel ruolo della protagonista Gloria, una donna transgender che si ritrova a dover affrontare un passato inaspettato.

Questa produzione, composta da sei episodi, segna un importante passo avanti nella rappresentazione delle storie LGBTQ+ in Italia, offrendo una narrazione fresca e libera dagli stereotipi comuni.

La serie ruota attorno a Gloria, un’imprenditrice di successo che ha lasciato alle spalle la sua città natale e il suo passato per rifarsi una vita a Lecce. La sua quotidianità viene sconvolta dall’arrivo di Marina, un’amica d’infanzia che porta con sé una notizia sconvolgente: Gloria è la madre di Andrea, un adolescente che non sapeva di avere. Questo evento la costringe a rivedere le sue priorità e ad aprirsi a possibilità che aveva escluso dalla sua vita.

Cotroneo ha voluto sfatare i luoghi comuni sulla transizione, concentrandosi invece sulla genitorialità e sull’identità di genere come diritto fondamentale. La serie non si focalizza sulla transizione di Gloria, ma la presenta come una donna a tutto tondo, con le sue fragilità e forze. Questo approccio è particolarmente significativo in un contesto in cui i diritti LGBTQ+ sono ancora oggetto di dibattito in Italia.

Vittoria Schisano interpreta Gloria con grande sensibilità e profondità, rendendo il personaggio credibile e coinvolgente. La sua performance è supportata da una regia attenta e da dialoghi realistici, che rendono la storia ancora più autentica e toccante.

“La vita che volevi” è una serie che merita attenzione per la sua capacità di raccontare storie complesse con sensibilità e onestà. È un passo importante verso una maggiore visibilità e rappresentazione delle comunità LGBTQ+ nel panorama televisivo italiano. La serie è un invito a riflettere sulla diversità come ricchezza e sulla possibilità di costruire un mondo più inclusivo.

In sintesi, “La vita che volevi” è un’opera che lascia un segno profondo, grazie alla sua narrazione coinvolgente e alla sua capacità di sfidare gli stereotipi, offrendo una visione più autentica e umana delle vite transgender.

 

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